lunedì 6 novembre 2017




(see English writing below)
Per molti studenti il test è una forma di tortura emotiva e mentale.
Qual è il fattore che stressa in un test? La paura! Più si ha paura durante un test, peggio si farà. E’ risaputo che si scappa dalle cose di cui si ha paura. Avete mai visto qualcuno scappare via da un ragno o da un serpente? E dato che uno studente non può fisicamente scappare dalla classe quando l’insegnante consegna i test, allora semplicemente se ne allontana mentalmente.
C’è un altro aspetto negativo nei test? Si, quando il test viene usato per mettere a confronto uno studente con un altro. Naturalmente mettere a confronto ha una sua importante funzione, ma l’istruzione non ha a che fare con il mettere a confronto, soprattutto con il mettere a confronto gli studenti tale da porli uno contro l’altro. L’istruzione ha a che fare con imparare cose nuove e nuovi modi per fare le cose. Per uno studente è fondamentale porre degli obiettivi, lavorare con essi e orientarlo in direzione delle sue mete aiutandolo a migliorare le proprie abilità nel raggiungerle.
Quale scopo si propone la maggior parte dei test? Molti test vengono usati per vedere se uno studente ha trattenuto le nozioni che l’insegnante ha insegnato sufficientemente bene da essere in grado di rigurgitarli sul foglio del test. In tali casi lo studente è valutato nella sua abilità di memorizzazione delle informazioni. Se ottiene il 90% o più di risposte corrette allora viene considerato bravo, se ottiene meno del 70% allora è considerato stupido.               
Ancora più vergognosi sono gli esami di stato o di concorso dove chi compila i test decide che cosa i test dovrebbero suggerire alle insegnanti in merito a ciò che dovrebbero insegnare. Ma purtroppo il Signor TestMaker potrebbe non incontrare gli stessi obiettivi dell’insegnamento fatto dall’ insegnante.
L’insegnante, dal canto suo ha un modo per infondere entusiasmo nei suoi studenti, vale a dire insegnare le nozioni di un argomento che lui/lei trovano più piacevoli. Quando arriva un altro insegnante e inizia a fare test su argomenti o libri di testo che non sono stati studiati, non fa altro che smorzare l’entusiasmo dello studente.
Molti educatori poi sostengono che “il loro modo” (quello di sottoporre continuamente a test) è “il solo modo”. Ciò potrebbe essere tanto divertente quanto il Cappellaio Matto in Alice nel Paese delle Meraviglie. Ad ogni modo quando si passa da “amare” un soggetto a “indifferenza” e addirittura “odiare” allora la faccenda non è per niente divertente: è tragica!
Significa che dobbiamo attivare un movimento per la liberazione degli studenti dai ceppi del test?
Non esattamente! Quando andiamo a cercare la parola “test” in un thesaurus, la faccenda non è nemmeno vagamente scoraggiante. Si ha “esaminare” “sperimentare” “indagare” “verificare” “analizzare” e “accertare”.
Origine
Dall'ingl. test ‘saggio reattivo’, dal fr. antico test ‘vaso’ (usato dagli alchimisti per saggiare l'oro), dal lat. testum ‘testo, vaso’ •1895.
Notate gli spunti in termini di aiuto in questa parola? Quando un test viene usato con lo scopo di accertare che uno studente abbia raggiunto un determinato livello di conoscenza allora il test assume un significato completamente nuovo. In questo senso diventerebbe un sistema per scoprire i punti deboli e i punti di forza dello studente ed aiutare lo studente a superare le lacune usando i suoi punti di forza. Ma anche qui c’è una considerazione da fare: se fate un test ad uno studente nuovo accertatevi che sia d’accordo e volonteroso di farlo. Accordo, volontà e attenzione sono necessari per ottenere un test accurato. Un buon test deve costituire un’azione di cooperazione gratificante per lo studente. Un buon test deve anche chiedere allo studente che cosa gli piace del suo studio e che cosa vorrebbe imparare. Non dovrebbe mai penalizzarlo per il fatto che vi da la sua opinione o se vi dice come è arrivato ad una determinata conclusione, piuttosto dovrebbe essere ringraziato per la sua incredibile capacità di aver pensato con la sua testa.   
 Originale inglese: by Carlynn McCormick – Applied Scholastics Online  

Destructive Student Testing - by Carlynn McCormick

For many students, testing is a form of mental and emotional torture.
What makes a test stressful? If it inspires fear in the student! The more fearful he is while taking a test, the worse he will do. It is well documented that one withdraws from things he fears.Have you ever seen someone run away from a spider or a snake? A student would most likely find himself in the principal's office if he ran out of his class every time the teacher gave a test,so he simply runs away mentally.
Is there any other negative aspect to testing? Yes, when tests are used to tell where students measure in relationship to each other. Naturally measurement has an important function, but education is not about measurement or pitting students against each other. Education is about learning new or better ways of doing things. It was never meant to be a competitive sport. Students should be in competition only with themselves. It is optimum for a student to set his own targets and work toward them. His eye should be on improving his ability as he moves closer and closer to his goal.
What is the purpose of most testing? Most tests are used to see if a student has retained the information the teacher has taught well enough to spew it back on a test paper. In such cases the student is getting graded on how well he is able to memorize facts. If he gets 90% or more answers correct, he is usually considered "smart." With less than 70% correct, he is often considered "dull."
Even more outrageous are state or national tests where test-makers decide what they think teachers should teach. But Mr. Test-Maker's opinions may not match what a teacher has taught.
One way a good teacher transfers enthusiasm to her students is by teaching those specifics of a subject that she herself finds most delightful. When another teacher comes along and tests these same students on textbooks or information they have not actually studied, it can cut their enthusiasm to ribbons. Some educators or test-makers insist that "their way" is the "only way."This could be considered as comical as the Mad-Hatter's Tea Party. However, if it results in a student going from "loving" a subject to being "indifferent" about it, or "hating" it, it is not the least bit amusing. It is a tragedy.
Does this mean we should start a movement to free all students from the shackles of testing?
Not quite. When we check the thesaurus for the word "test" used as a noun, it is not nearly so daunting. We get "examination," "experiment," "investigation," "check," "analysis" and "assessment." Do you notice the hint of helpfulness in these words? When a test is used for the purpose of assessing a particular student to ensure that the student has the correct level material, testing takes on a whole new meaning. It becomes a method for assessing a student's weaknesses and strengths and helping thestudent use his strengths to overcome weaknesses. But even here, there is a proviso: if you assess a young child that is new to you as a student, be sure you have the child's full agreement and willingness before you start assessing. And do not exceed that child's attention span. Agreement, willingness and attention are necessary for getting accurate results.
Good testing is a co-operative endeavor that is rewarding for the student.And a really good assessment will ask the student what he likes about his studies and what he is interested in learning. It never, ever penalizes him for giving his opinion or telling how he reached a particular conclusion; rather the student would be thanked for his incredible ability to think things out for himself.

martedì 14 luglio 2015



 Tempo di prove





Quando ci si accorge che non si è preparati nell’affrontare una prova? Quando si fa la prova…

Ogni anno prima degli esami nei vari istituti si fanno prove per dare modo agli studenti di verificare la preparazione e dare un’idea di come funzionerà durante l’esame di maturità la prova scritta.

Quest’anno è andata così:
Il 76% dei maturandi non si è sentito pronto per la prova e ha avvertito un forte stress per la simulazione, mentre  il 20% ha dichiarato di non ritenere sufficienti le ore a disposizione per lo svolgimento e solo il 4%, ha ammesso di essere pronto. E' l'esito di un sondaggio al quale hanno risposto in 15.000, in occasione della simulazione della seconda prova di Maturità per il Liceo Scientifico.

Da sempre un esame è il momento in cui il dubbio spazza via tutte le certezze, per qualsiasi studente!
E’ il tipico momento in cui ti sembra poco qualunque sforzo fatto per apprendere quella materia, qualunque essa sia. Poi si comincia a tirar fuori qualcosa, si fissa un punto su cui cominciare e miracolosamente tutto si allinea; la conoscenza della materia riemerge dalle profondità in cui si era rifugiata e la tensione comincia ad allentarsi.

Oggi, sembra che sia più dura di così! I ragazzi si rendono conto che manca la preparazione ma non si tratta del solito “panico da esame”. C’è qualcosa che comincia a mancare ai nostri studenti ed è qualcosa, che è nelle basi dell’insegnamento e dello studio, che evidentemente sta sfuggendo di mano. 

Che cosa manca?

Immagina qualcuno che ti prende per mano e ti dice: “Vieni a sentire: è interessantissimo!” e ti porta a sedere  in una stanza dove c’è una persona che sta parlando. Questa persona parla di qualcosa che ti sembra tanto interessante quanto guardare una goccia d’acqua che evapora a temperatura ambiente. Tra l’altro usa termini esoterici come “l’esegesi giuridica delle idiosincrasie legislative paleocristiane” (N.d.R.: interpretazione delle contraddizioni nelle leggi del periodo paleocristiano). Dopo un po’ di tempo in cui stai cercando i sottotitoli di quel che sta dicendo l’oratore, sembra logico che ti assalga nell’ordine una strana sensazione allo stomaco, una specie di nervosismo isterico, una catalessi profonda, la necessità fisica di non essere lì. E’ ovvio, quindi, che ti giri verso il tuo vicino e gli chiedi che ore sono. Se è un tipo simpatico dopo trenta secondi avrai attaccato bottone e a fine giornata è nata un’amicizia.

Questo è ciò che, più o meno, accade a ogni studente ai giorni nostri: un bel momento ti viene comunicato che andrai a scuola, il che ti sembra una cosa buona; è un posto dove vanno tutti i bambini, dove si gioca... Da quel momento praticamente nessuno ti spiega davvero perché ti trovi a scuola!

Quando andavi a scuola in una bottega artigiana, nei tempi andati, per imparare a fare il vasaio era chiarissimo il fatto che chi ti stava insegnando aveva l’obiettivo di farti diventare un vasaio competente (competente inteso come persona in grado di fare una cosa possibilmente meglio degli altri, utile a sé e alla comunità).

La scuola oggi si ritrova ad avere come scopo, più o meno dichiarato, l’istruire lo studente. Ma l’istruzione è solo un passo che precede la competenza (non occorre solo essere istruiti in qualcosa per poter essere competenti) ed è questo che rende la scuola di oggi inadeguata o, per meglio dire, la fa percepire  inadeguata.

Per ritornare dunque alla domanda: che cosa manca? 

Uno scopo per studiare, un metodo efficace, sufficiente allenamento, esercitazioni, contatto con la realtà (quella di un possibile, probabile, futuro ambiente di lavoro) …?

Il principale di un’azienda sa già che non assumerà una persona competente, se assume un giovane appena uscito di scuola, perché avrà bisogno di un tirocinio e non gli sarà di aiuto nemmeno notare con che voti ha terminato gli studi. Che acquisto?

Se la scuola sfornasse davvero persone competenti, il principale di quell’azienda non avrebbe problemi ad assumere una persona che nel giro di una settimana potrebbe lavorare a pieno ritmo nella sua azienda.
E’ evidente che nonostante la buona volontà di quanti operano nel campo dell’istruzione c’è molto spazio per migliorare; ma per migliorarla bisogna sapere dove si vuole arrivare. 

Dove si vuole arrivare?

Ad una meta ben definita che preveda una scuola coerente con la realtà odierna, libera da fronzoli nozionistici e pedanterie ma in cui non manchi nulla; per dirla con le parole scritte dall’autore della pedagogia usata in un centinaio di paesi in giro per il mondo da Applied Scholastics, l’educatore, amico dell’Uomo, L. Ron Hubbard:

Un programma di istruzione che cominci coi genitori del bambino, prosegua attraverso la scuola materna e la scuola elementare e media, passi attraverso la scuola superiore fino all'università e preservi ad ogni passo l'individualità, le ambizioni innate, l'intelligenza, le capacità e le dinamiche dell'individuo, è il miglior baluardo non solo contro la mediocrità, ma anche contro qualunque nemico del genere umano.”

Per info sulla nostra didattica e sui nostri metodi di apprendimento: info@tecnologiadistudio.it - applisko@gmail.com

Articolo di A. Pellati e G. Legnani per Applied Scholastics Italia e Med

venerdì 18 luglio 2014



Articolo di Applied Scholastics Online Academy

“La scoperta consiste nel vedere ciò che tutti gli altri hanno visto e pensare ciò che nessuno ha pensato.”
– Albert Szent-Gyorgyi, autore di “The Scientist Speculates”



Nella nostra società altamente tecnologica la capacità di fare ricerca è vitale per poter avere successo. Eppure molte scuole non la insegnano mai e anche quando lo fanno solitamente trascurano il passo più semplice e più basilare, qualcosa che il bambino deve essere in grado di fare prima di poter effettuare la sua ricerca. Di che si tratta? Si tratta del fatto che dev'essere in grado di osservare (vedere, guardare) ciò che ha di fronte.
Per insegnare l'osservazione è necessario permettere al bambino di osservare le cose da sé. E per raggiungere tale scopo dobbiamo essere disposti a ignorare le sue risposte sbagliate. Ciò non vuol dire che si debbano dare al bambino concetti sbagliati o permettere che li conservi. Non è questo ciò di cui stiamo parlando. Non confondiamolo con la lettura, in cui insegnamo ai bambini che le parole hanno definizioni precise. Non confondiamolo con la matematica, dove insegnamo che i problemi spesso hanno precise risposte. Non confondiamolo nemmeno con l'ortografia, dove insegnamo che le lettere vanno scritte in un ordine specifico, che permette a chi legge di duplicare ciò che è stato scritto.
Piuttosto, ciò di cui parliamo qui, è quella capacità unica del bambino di vedere ciò che vede. Funziona così: chiediamo al bambino di dirci quello che percepisce (vede, osserva, guarda) in un dato momento. E l'unica risposta “giusta” (corretta, vera) è esattamente e precisamente quello che il bambino percepisce.
Il concetto è talmente elementare da essere spesso trascurato. Lo si può comprendere meglio se lo si paragona al modo in cui un bambino molto piccolo scopre il mondo. Eccone un esempio: quando mio nipote Corbin aveva circa un anno e mezzo come molti bambini adorava giocare a nascondino. Nascondeva la testa sotto il lenzuolo e, dato che lui non riusciva a vedere me, riteneva che anch'io non potessi vedere lui. Io mi adeguavo alla sua idea e lo cercavo in lungo e in largo, chiedendo a voce alta: “Oh, dove si sarà nascosto Corbin?”.  Alla fine sollevavo il lenzuolo e dicevo: “Ti ho trovato!” e lui strillava compiaciuto. Nel giro di alcune settimane, Corbin aveva poi imparato per conto suo (senza che nessuno glielo dicesse) a nascondere tutto il corpo.
È facile migliorare l'arte della scoperta: se il vostro bambino dice che il ragno che sta guardando ha quattro zampe e un occhio, semplicemente ringraziatelo per avervelo detto. Non cercate di correggere la sua osservazione. Ben presto scoprirà l'altro occhio e le altre zampe per conto suo, se gliene viene data l'opportunità.
Quando diciamo a un bambino: “No, no, no, non è così”, “È storto, non è dritto”, “È blu scuro, non è nero”, “Su questo sbagli e su quello hai torto”, finiremo per avere un bambino che smette di guardare le cose per conto suo.
Dobbiamo essere disposti a ignorare l'imprecisione nell'osservazone dei bambini e a permettere che loro stessi la mettano a posto. Quando incoraggiamo i bambini a osservare da sé, permettiamo loro di sperimentare la magia della scoperta.
 


venerdì 25 ottobre 2013



SCUOLA

Definizione
Luogo in cui si perseguono finalità educative* seguendo una programma di studi o delle attività metodicamente** ordinate.
Luogo dove s’insegna e s’impara.
Una volta la scuola era il luogo del tempo libero, dove si andava a riposare dopo il duro lavoro fisico e in quel luogo i maestri davano lezione.

Derivazione
La parola scuola deriva dal latino Schola che prende dal greco Scholè = ozio, riposo. Da qui deriva il verbo greco Scholazein col significato di stare in ozio, riposarsi, avere il tempo di dedicarsi a qualcosa che piace e per divertimento. Infine questa parola a sua volta si collega al greco ékein = tenere saldo, possedere, avere.
Quindi la scuola è il luogo dove si ottiene istruzione; l’istruzione ben fatta fa in modo che una persona sappia utilizzare le informazioni imparate a scuola e sappia dare il meglio di sé stessa tramite il sapere. Il sapere conferisce potere. 

Da notare nella definizione le parole seguenti:
* educative deriva da educare. Educare è l’attività di formare un individuo invitandolo a tirare fuori le sue abilità tramite le istruzioni ricevute in precedenza;  modellare quindi un individuo tirando fuori le sue potenzialità e permettergli di dimostrare le sue capacità. 
** metodico deriva da metodo (già definita altrove in questa pagina)
*** istruzione che significa fornire delle informazioni e dei dati fondamentali che possono essere utilizzati per svolgere delle attività. Radice: dal latino InstruereIn =dentro e Struere = mettere, costruire, fabbricare, comporre porre a strati.